Storia erotica bdsm – Ai piedi del Signore

di | 6 de Luglio, 2023

Dopo Compieta, quando tutti si ritiravano nelle loro celle e l’unico suono che rompeva il silenzio, ora dopo ora, era il rintocco delle vecchie campane della cappella, i loro piccoli passi, che percorrevano gli ampi corridoi bui e freddi, non si potevano sentire. solo per chi mette l’orecchio alla porta della camera da letto e, rassegnato, accetta, per interminabili minuti, di sentire solo il battito del proprio cuore.

Poi, dopo una lunga attesa, come emergendo dal buio, i suoi piedi delicati, vestiti di espadrillas di sisal, irrompono nell’ala della camera da letto, avvolti dalla dolcezza triste nota a chi reprime i propri desideri più struggenti.

Venendo dalla cappella, dove aveva dato gli ultimi ritocchi alla messa che, l’indomani, ancor prima dell’alba, avrebbe dato inizio alla vita del monastero, stava molto attento nel camminare, per non sentire il minimo rumore , durante una sua disattenzione poteva turbare il sonno delle suore che, terminate le loro personali preghiere, erano già addormentate. Con la mano sinistra teneva saldamente alla vita il mazzo di chiavi; alla sua destra teneva l’unico lampadario da cui usciva una fiamma tremolante.

La pelliccia marrone scuro, un po’ ruvida, frusciava leggermente, lasciando solo oscurità nel suo vuoto.

L’umile cella accolse il corpo del figlio in un alito di muffa e umidità. Il bianco delle lenzuola immacolate brillava alla luce che portava.

Andò alla finestra e, attraverso le fessure delle persiane sigillate, respirò l’aria calda, carica degli odori della notte. Tutto era in silenzio. Fuori, nemmeno un gioco da ragazzi.

Toccò con la punta delle dita il crocifisso ligneo che portava e, tenendolo per le corde che lo legavano al collo, se lo tolse annuendo leggermente. Pezzo per pezzo, si spogliò.

E, da sotto la biancheria di cotone grezzo, larga e mal tagliata, spuntarono dapprima due seni piccoli e duri, i cui rosei capezzoli, come nascenti, petulanti, si offrirono, in direzione dell’immagine del crocifisso, posta sopra l’inginocchiatoio .

Poi, facendo scivolare tra l’inguine i pantaloncini un po’ macchiati, la vulva pelosa sporgente emerse, come un animaletto, rannicchiato, fingendo di ibernarsi.

Le natiche erano forse deludenti, un po’ strette, quasi maschili, mentre le cosce e le gambe, ricoperte di un pelo chiarissimo, tirato senza fretta, terminavano nei piedini delicati, le cui unghie tonde e ben curate sembravano ripetere lo stesso disegno. rosa. tono del capezzolo.

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Una ciocca di capelli neri esageratamente corti coronava il corpo candido e traslucido, che cominciò a muoversi nella minuscola stanza con una tensione esasperante.

Mentre camminava da una parte all’altra, ripeteva sottovoce la giaculatoria: “- Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!

Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!

Con gli occhi chiusi e le mani giunte, continuò il suo breve viaggio, inciampando sui piedi sull’inginocchiatoio, appoggiando la testa contro l’anta dell’armadio, calpestando il cappotto lasciato a terra.

Un flusso di pensieri inondò il suo cervello in fuga.

Sbattendo le palpebre, riuscì a malapena a mormorare la breve frase, gocce di sudore gli colavano dalla fronte. pesca. Peccato, sì. Tutto il giorno.

Di minuto in minuto, è vero, aveva adempiuto a tutti i compiti di sua competenza, ma lasciando che i suoi pensieri vagassero, libidinosi, sguazzanti, pieni di sporcizia, in un’immensità di indicibile lussuria.

Ora ricordava ciascuno dei sogni che aveva visitato, si sentiva disgustata di se stessa, ma sentiva che il calore delicato e incontrollabile del sesso stava cominciando a bagnarsi.

Meccanicamente, in uno dei suoi avanti e indietro, raggiunse la porta e strappò le discipline dal gancio arrugginito.

Il suo corpicino tremava. La sua coscienza ha chiesto l’eliminazione della colpa. Una mano delicata stringeva le cinghie che, a formare un cavo, si incrociavano in una successione di nodi.

In piedi al centro della cabina, colpì per primo, gettando le cinghie di cuoio sulla spalla sinistra. Poi a destra. E così, innumerevoli volte, insistendo sulla stessa eiaculazione, mentre si sculacciavano a vicenda.

Quindi, pensando che gli avrebbe intorpidito la carne, procedette a colpire i lombi con molta calma, alzando il braccio sinistro e passando la frusta attraverso la parte inferiore della schiena; ripetendo lo stesso gesto con il braccio destro alzato, tenendo le cinghie con la mano sinistra.

Finisce per cadere in ginocchio sul pavimento di piastrelle, esausta. Si trascinò in ginocchio e rimase lì, senza pensare, guardando i piedi insanguinati del crocifisso, sentendo l’interno della sua fica pulsare di desiderio.

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Raccolse il pezzo di legno a forma di cuneo su cui poggiavano i piedi di Cristo e lo fece girare lentamente. Infilò il dito indice nel nascondiglio e tirò fuori, arrotolato con cura, un lungo nastro di velluto viola, tagliato con cura quando faceva le copertine che avrebbero coperto le immagini dei santi durante la Quaresima.

Fece scivolare il pezzo di stoffa sul suo corpo stanco… Se ne mise un lembo in bocca, non senza esserselo passato su tutto il viso.

E con l’altro cominciò ad accarezzare ogni centimetro quadrato della sua pelle. I suoi capezzoli, ora gonfi, erano puntatori puntati verso il cielo.

E si abbandonava alla gioia, alla sensazione di morbidezza e levigatezza che le dava il velluto, rapita dal torpore, sconfitta, abbracciando finalmente ogni sua chimera.

La sua eccitazione crebbe mentre cadeva in ginocchio, le cosce si flettevano ancora di più ei fianchi si inarcavano. Con le dita schiuse le labbra larghe e, scoprendo il clitoride indurito, vi strofinò, in un susseguirsi di brevi gesti appassionati, disperato, l’orlo del velluto.

Così, il nastro ha attraversato il suo corpo, vibrando, teso, da una bocca all’altra, come un serpente che si distende, inerte, su una superficie calda. Poteva sentire, attraverso il tessuto, l’umidità calda e appiccicosa che usciva dalla sua fessura da ragazza.

Tutto il suo corpo pulsava di piacere.

Il delicato nastro scivolò facilmente nella fessura fradicia; e, rilasciando, con un profondo gemito, l’estremità trattenuta dai denti, se ne inserì, centimetro per centimetro, l’intero pezzo nella vagina.

Poi le prese la clitoride tra le dita e, stringendola fino a farla dolere, lei si sentì rabbrividire per gli spasmi di eccitazione.

Davanti a lui, a meno di due spanne dal suo volto, sporgono dal legno i piedi feriti di Gesù.

Le dita dei piedi sporgevano da quei piedi sottili come se avessero una vita propria, e il sangue, che brillava di un rosso vivo, sembrava davvero colare fuori.

Si avvicinò alla bocca dei piedi annidati e, sentendo il velluto che le riempiva le viscere e il clitoride raggrinzito dalla pressione delle dita, baciò a lungo ogni sporgenza e ogni avvallamento.

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Dopo qualche secondo, non stava più baciando, stava leccando. Ha leccato sfacciatamente. leccò e ansimò. e gemiti

Le palle gli crescevano in bocca come membra paffute e carnose, vive, palpitanti in previsione dell’eiaculazione imminente.

Così, strofinando la lingua sulla carne dell’Amato, succhiando in trance le dita del Figlio di Dio, venne, muta, ad inghiottire il grido di soddisfazione.

Le ginocchia gli dolevano terribilmente mentre, dopo un tempo indefinito, si alzava dolorosamente dall’inginocchiatoio. Si gettò sullo scomodo materasso e, a poco a poco, sentì, lievemente, l’aria pura dell’alba rinfrescargli il viso.

Una strana felicità percorse tutto il suo corpo. Il senso di colpa era sparito, sostituito da un sentimento nato dallo stesso luogo misterioso dove ogni notte si generava il silenzio.

il balsamo silenzioso dei templi; la silenziosa armonia di giardini e foreste; il sonno silenzioso e tranquillo dei bambini: tutto ora viveva e respirava in lei.

Si abbandonò al lento scorrere delle ore, fluttuando nella serenità, nella calma, trasportato in una dimensione di nebbia e dolcezza, poi si ricordò della fascia di velluto e la cercò dentro di sé. .

Ma quando se lo tolse, un’improvvisa ondata di piacere le travolse lo stomaco, facendola sobbalzare i fianchi, offrendo se stessa a un amante inesistente. Il suo desiderio trovato vuoto, solo vuoto, la pace l’aveva improvvisamente abbandonata.

Un singhiozzo senza lacrime le scoppiò nel petto, e con un gesto cieco afferrò il crocifisso di legno dal comodino, infilandoselo nella vagina aperta; martellando spudoratamente l’oggetto nella sua carne convulsa, inesorabilmente, ancora e ancora, finché non si contorceva in un seme infinito e delirante.

La fiamma della candela danzava, volendo spegnersi nella cera sciolta.

Le campane della cappella suonavano annunciando qualsiasi ora.

E sul letto disfatto, due occhi neri brillavano come pietre di onice, umidi del più vivo desiderio.

*Pubblicato da babe1936 su climaxcontoseroticos.com il 16/06/23.

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