Discreto arrapato dal vicino dispettoso

di | 28 de Giugno, 2023

Passavano giorni e settimane e non c’era modo di rivederci, io e Irene stavamo molto attenti a non richiamare la sua attenzione, vivevamo così vicini e le famiglie unite dovevano stare attente a non far vedere che c’era più di un’amicizia.

Trovai il modo con la scusa di tagliarmi i capelli, andai a trovarla una mattina, sapevo che i bambini non c’erano, quindi anche a rischio che qualcuno in casa si insospettisse, chiesi a mia madre di vedere se la signora Irene Potevo.

– I tuoi capelli non sono così lunghi.

– Ma ti dà fastidio, vediamo se ci riesci.

Pochi minuti dopo, era seduto sulla sedia davanti a uno specchio appoggiato come al solito alla parete del lavabo nella zona di servizio. Irene non ha cambiato il suo modo di recitare, la sua porta era aperta quando c’era qualcuno della mia famiglia, ha colto l’occasione per raggiungere mia madre.

I due chiacchierarono mentre lei mi copriva le spalle con un asciugamano e mi inumidiva i capelli come se fossero una felce. Mi sono sentito così dopo che mi ha spruzzato dell’acqua sui capelli, mescolando il tutto con le dita.

Cercavo i suoi occhi allo specchio, ma lei non me lo permetteva: non voleva o forse non poteva, era in dubbio. Ogni volta che i suoi occhi sembravano incontrarsi, distoglieva lo sguardo all’ultimo momento e riportava la sua attenzione sulle ciocche di capelli che si stava tagliando o sulla sua conversazione con mia madre.

– Irina!!

– Sì Jack.

– Devo prepararmi figlia mia, quasi dimenticavo che devo andare in banca.

– Nessun problema, ne parleremo più tardi.

La mamma ha chiuso la porta ed è così che si è presentata l’occasione, il mio cuore ha battuto forte, ho continuato a cercare lo sguardo di quella signora affettuosa, ma lei ha comunque giocato duro per averlo, non ha guardato, non si è fatta vedere.

Tuttavia, comincio a sentire oa voler sentire il suo corpo che si avvicina al mio collo. Sento il tocco dei seni. Inizia una conversazione sul college dei suoi figli. Continuo a seguire il ragionamento, anch’io ero al college e la conversazione sta prendendo velocità anche se non era quello di cui volevo parlare.

Mi masturbavo quasi tutti i giorni per lei, ma Dona Irene continuava a non guardarmi negli occhi e la conversazione prendeva direzioni tortuose sui costi e le difficoltà di studiare all’università in quel periodo. .

Di tanto in tanto cercavo di cambiare il corso di questa conversazione, ma era chiaro che Dona Irene stava diventando difficile o non voleva avere più niente con me, chissà. Non aveva il coraggio di parlarle con franchezza, continuava a immaginare che se fosse stato diretto avrebbe potuto rovinare tutto, provocare nella donna una reazione inaspettata. Conoscevo il suo doppio comportamento per non chiamarlo instabile.

Ecco perché stavo “mangiando negli angoli”, perché immaginavo ancora di sentire i suoi seni che mi camminavano intorno al collo. Quando sembrava che ci saremmo fermati lì, quella che ha cambiato il corso della conversazione è stata lei, che ha iniziato a parlare degli abiti e delle scarpe che le sue amiche avrebbero indossato alla festa di matrimonio questo fine settimana. Seguo il ragionamento e vedo un’opportunità in un segno inaspettato:

“Penso che tu sia una donna molto bella, quando ti prepari sembri… speciale.

C’est la première fois que nos considera se croisent dans le miroir, il ya un air de complicité, ses main starting à masser mes cheveux au-dessus de mes oreilles et maintenant je peux sentir mes seins à travers mon chemisier en contact avec Mis capelli.

Scoppia in un sorriso imbarazzato e felice al complimento:

– Ho avuto la mia giornata.

– Quello? Non ho capito.

– Ho detto che mi ha migliorato la giornata.

I nostri desideri esplodono nel riflesso di noi stessi. È come dire:

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– Voglio fare l’amore… stare con te…

L’incanto si spezza quando si apre la porta della stanza:

– Mamma sono arrivato!!

– Pietà!

Parla a bassa voce, premendo il mio collo contro i suoi seni.

– Madre!! Mi avete sentito?

– Sì Beto, sono qui in zona a tagliare i capelli a Júlio.

– OH! CORRETTO. L’insegnante si è ammalato, non abbiamo avuto lezioni.

Facciamo finta di niente, non ci guardiamo finché non pago il suo servizio, lei mi prende cautamente la mano e ci scambiamo sguardi affettuosi…

Torna un altro giorno…

Parla sottovoce.

“…domani dopo le dieci, non saranno qui.

Annuisco e me ne vado con il cuore che batte come se avessi commesso un reato, non so ancora che scusa trovare, ma vedremo.

– Madre! Madre!!

– Cos’era?

“Vado in città a comprare i libri per l’università.

– E Fá, cosa gli dico se chiama?

“Dì che ti chiamo quando torno.”

– Non tardare, arriva prima di pranzo.

Vado…, chiudo la porta ma mi sento impacciato, non so se suonare il campanello o bussare, cammino come se stessi davvero per uscire dall’edificio, percorro il corridoio e poi mi rendo conto di quanto sia ridicola la situazione. Torno, suono il campanello volendo che sia tranquillo.

Ci vuole tempo…, mi dispiace essere lì davanti e se qualcuno vede? È stato allora che ho sentito la porta aprirsi. Ero sollevato, anche se ero un po’ preoccupato che non fosse stata lei ad aprire la porta.

È stato…

– Fra.

Faccio un passo e sono nella stanza, chiude velocemente e silenziosamente la porta. Il tuo sguardo non mostra sicurezza e meno felicità… Vedo che abbiamo problemi.

– Dovrà essere veloce, non ne dubitiamo.

– Cos’era?

– Abbiamo poco più di un’ora. Chel torna solo nel pomeriggio, ma Beto ha detto che è venuto a pranzo, perché arriva sempre prima di mezzogiorno, meglio non rischiare.

– Ma non sono ancora le dieci, vero?

– Pensavo che non sarebbe venuto, quindi non avevo preparato niente per il pranzo, ho appena iniziato, se stiamo tanto, quando arriva non ho finito. Potrebbe trovarlo strano. Mi prende la mano e i nostri occhi si incontrano di nuovo. Entrambi volevamo un bacio anche se non faceva caldo.

– Peccato, volevo davvero rivederci.

“Non mi sembrava, ieri mi ha guardato appena negli occhi.

– Non ho potuto provarlo e…, e inoltre, provo anche un senso di colpa, di peccato per tutto quello che è successo quella notte…

Abbassa lo sguardo e la vedo esitare, chiedendosi cosa vuole, ma il mio desiderio è così grande che mi faccio coraggio e parlo.

– Sono venuto perché ti amo.

Scuote la testa, gli occhi bassi.

– Ho bisogno, voglio… fare l’amore…

Lei alza lo sguardo e io annuisco.

– Voglio scoparti, mangiarti.

Non so come sia venuto fuori, ma contrariamente a quello che può sembrare, Irene si è eccitata, le brillano gli occhi, mi prende per il collo e mi dà un bacio pazzesco mentre con l’altra mano mi accarezza e afferra il cazzo.

Senza inibizioni, senza vergogna, la sua mano apre la cerniera e le sue dita si tuffano nella ricerca del desiderio. Abbraccio la giacca sformata che indossa in vita, la abbasso sui fianchi indossando pantaloni di lycra attillati che le arrivano alle ginocchia.

Ci baciamo, arricciamo la lingua facendo rumori umidi, lei mi porta fuori, anche in camera da letto con le finestre aperte, anche se sono voltata di spalle. Da parte mia, accarezzo la forma del sedere, non faccio caso alle mutandine, solo il contorno dei fianchi.

Se mi tratta il cazzo, immergo l’indice nei suoi fianchi sodi, vado a cercare l’ano, il culo di Irene… penso, tocco con le dita, massaggiando la zona.

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OH!! Se potessi bucarmi i pantaloni…

Irene rompe il bacio…

“Vieni… andiamo in camera mia.

Tirare il braccio Dorme in un letto matrimoniale con le gambe stranamente corte, sulla domestica vedo una bottiglia di whisky e un bicchiere che riempie chiedendo:

– Chiudi la tenda, in modo che ci sentiamo più a nostro agio.

Abbasso la tenda e quando mi giro vedo Irene inginocchiata sul letto che si toglie la giacca, non ricordavo la misura dei suoi seni, pensavo fossero più piccoli, invece no, sono nella media ei capezzoli sono marroni.

Ammiro…, ride della patetica figura con il cazzo esposto in questo modo.

– Toglilo e vieni… È meglio così…

Beve il liquido dal bicchiere con una certa ansia, poi mi porge quello che resta, lei in ginocchio e io in piedi. Afferra saldamente il membro e ricomincia a mungermi, non è proprio una sega, fa più male che eccitare. Io bevo quel che resta, le spingo le mani, lei morde, deglutisce all’improvviso, come se volesse raggiungere le palle.

Non è abile, non succhia né usa la lingua come potrebbe, dovrebbe, ma anche così, la sensazione di Essere in bocca a Irene per la prima volta è delizioso. Il cazzo si ingrossa anche se non è una succhiata fenomenale.

Ancor di più vedere Irene da sola in pantaloni attillati di lycra con la schiena nuda e le tette che ondeggiano mentre ingoia il mio cazzo. Si ferma… trattiene e parla…

– Ho sognato che eravamo così l’altro giorno e tu mi prendevi da dietro.

– Vestito così?

Lei annuisce, mordendosi il labbro inferiore.

“Mi schiaffeggeresti, mi toccheresti… e poi te lo toglieresti… e faresti qualsiasi cosa…

Lei parla in modo malizioso, non ne aveva bisogno, io le giro la schiena, lei appoggia la testa sulle braccia e alza il culo. Vedo Irene da un’angolazione particolare, i pantaloni neri attillati le fanno una corona di cornea. Mi tolgo la camicetta, mi spoglio, liscio i sodi cinti delle mie natiche, scendo sulle mie cosce, le stringo e sento che apprezzano la fermezza che la lycra impone al corpo di questa donna matura. Arrivo finalmente al centro del desiderio, sento il caldo e l’umidità e anche la consistenza di quelle che immagino siano le labbra intime del mio vicino.

Mi avvicino alla sua fronte, noto il volume dei suoi capelli – istintivamente apre di più le gambe, si espone alle mie carezze – cerco di trovare il suo clitoride, inserisco due dita tra le pieghe che “mangiano” la lycra.

Irene gemette, quasi unendosi a me nel grattarsi le parti intime.

– Ehi! Noosa…

Sento un tremito nelle sue gambe, il mio cazzo salta e pulsa contro la pelle di lycra di Irene, mi dondolo avanti e indietro masturbandomi sul suo fianco sodo mentre le mie dita si infilano spingendo la lycra nella sua bocca piena e lacerata tra le sue gambe.

– Mio Dio!! Quanto è buono questo…

Il mio cuore sussulta, anch’io tremo. Il mio respiro è breve.

Irene a quattro zampe con il viso tra le braccia è uno spettacolo delizioso…

– Toglilo… guardami come in un sogno.

Con uno sforzo, tiro indietro i pantaloni attillati, rivelando la soffice pelliccia bianca del suo corpo. Ancora in piedi, le spingo il cazzo duro in mezzo al culo, la testa del cazzo sente il contatto con la calda fica pelosa, poi ritorno per l’ano, assaporando il contatto con i suoi fianchi sollevati – il movimento bagna completamente con la deliziosa umidità che trasuda da lei e anche quella che esce dalla testa del mio pene.

L’unica cosa che si sente è il nostro respiro e il gemito che uno di noi fa di tanto in tanto senza accorgersene. È quasi una canzone prodotta dal nostro desiderio.

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Devo fermarmi prima che accada.

Infilo due dita nella sua figa bagnata, come al motel vado alla ricerca del piacere nascosto dentro Irene, provo a massaggiarle la punta – faccio il movimento di venire qui con le dita. Hit… lei reagisce al piacere.

– Aaaaanhhh!!! Ooohhh!!!

I gemiti aumentano in proporzione alle carezze che le do con le mie dita impertinenti che eccitano sempre di più questa signora con tanta cura e scrupolo. Perde il controllo, urla…

– Aaaaanhhh!!! Ooohhh!!! UunnnnnHHHhhhhhh!!!!

Spaventata dal modo in cui sta reagendo, si morde la mano cercando di soffocare il piacere che le esce dalla bocca – sento che la testa del mio pene sta per esplodere solo vedendo la reazione di Irene, mi appoggio sul suo morbido sedere cercando di evitare la mia reazione: voglio lasciarlo a lei.

– AAAaaaannhhh!!! Mio Dio, com’è bello sentirsi così…, a volte…

Lei parla gemendo, il mio pollice adesso fa dei movimenti circolari seguendo il contorno dell’ano di Irene, le lavoro la figa e il culo contemporaneamente, un liquido mieloso sgorga dal mio cazzo e bagna il fianco della donna accovacciata davanti a me.

Mentre lo faccio, Irene suona la siririca: tutto eccita

Succede… Senza controllo, la vagina di Irene reagisce da sola e sputa un liquido bollente, anche se poco, ma sufficiente a bagnare i capelli e le cosce della calda vicina.

In ginocchio, ammiro la splendida vista della composizione bagnata della figa esposta, coronata da fianchi che nascondono un ano caldo.

Incredibile tempio del piacere…

Allargo la mano spargendo il liquido che ancora trasuda dalla sua figa, glielo spalmo sulle cosce e sul sedere, nel corpo di Irene si vedono ancora dei piccoli spasimi, si tocca ancora e piange e ride del piacere che le viene. dalle sue gambe. Ti ho stancato… e ho detto

– Tocca a te, ne hai bisogno anche tu.

Prima di passare la mia lingua a succhiare l’umidità che c’è sulle sue gambe e soprattutto sulla sua figa pelosa, raggiungo il suo bocciolo, lei mi aiuta aprendo le labbra con le dita, lavoro la mia faccia sepolta sentendo l’odore del suo corpo dopo l’orgasmo.

– Vai avanti piccola, mangiami, scopami, prima che io venga.

Mi alzo con il bastone gocciolante, palpitante, sto per non ordinare la carne di Irene…

– Aaiiiiii!!! AAAaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa È bello essere qui….

Gemo e gratto i piccoli fianchi bianchi della santa vicina che si mostra facendo entrare la fica, esponendo il culo gonfio – il cazzo si tuffa dentro e il pollice trova la sua strada… inserendosi nello stretto buco sento il calore e la dolcezza che esce dall’ano esce colui che vuole essere il mio amante.

“Che c’è, cosa stai…”

Lei capisce, puzza, le piace essere mangiata così – aumento i movimenti del mio corpo, urto il mio contro il suo – si morde di nuovo la mano, spaventata dall’urlo che potrebbe uscire… ma parla

– Scopami…, spezzami…

urlo come un animale!!! Eiaculazione calda di sperma nel profondo della figa. Sembra che non mi fermerò…

Gocce di sudore mi percorrono e scendono sulle natiche di Irene.

Le stringo la vita e lei si alza fino ad appoggiare la schiena al mio petto, si appoggia a me prendendomi il collo, muovo la mano destra fino a raggiungere il suo petto, stringendo il capezzolo duro…

Esausti… ci baciamo meglio che possiamo. Siamo rimasti così per un po’.

– Sollevato?

– È come…

– Che ore sono?

– Quasi undici.

– Pietà…

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